Il trasferimento di azienda per causa di morte o per atto gratuito non costituisce realizzo di plusvalenze dell’azienda stessa; l’azienda è assunta ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti nei confronti del dante causa.
Così si è pronunciata la Suprema Corte nella sentenza n. 4444/2022 con riferimento al ricorso presentato da un contribuente, che era stato raggiunto da un avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2007, con il quale l’Amministrazione finanziaria aveva notificato una maggiore Irpef e Irap.
Il contribuente era subentrato mortis causa alla propria moglie nel possesso dell’azienda, la cui cessione aveva originato la plusvalenza.
In particolare, l’ufficio, con l’avviso di accertamento, aveva rettificato i redditi di fabbricati e di impresa indicati dal contribuente, contestando allo stesso l’applicazione, in relazione ad una plusvalenza realizzata a seguito di una cessione d’azienda, del regime di tassazione separata previsto dall’articolo 17, comma 1, lett. g) del TUIR, al posto della tassazione ordinaria.
In base a quanto previsto dall’art. 17 comma 1 lett. g) del TUIR, possono essere assoggettate a tassazione separata le plusvalenze, compreso il valore di avviamento, realizzate mediante cessione a titolo oneroso di aziende “possedute da più di cinque anni”.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, il contribuente non era in possesso dei requisiti oggettivi prescritti dalla norma – ossia non era in possesso dell’azienda, ereditata da meno di 5 anni – essendo morta la moglie da soli 2 anni.
Il contribuente presenta così ricorso alla Ctp, chiedendo il riconoscimento della corretta applicazione del regime di tassazione separata.
La vicenda giudiziaria procede nei vari gradi fino al ricorso in Cassazione.
In primo luogo, i giudici della Corte di Cassazione precisano che la nozione di possesso richiamata coincide con quella civilistica, per cui “il possesso continua nell’erede, con effetto dall’apertura della successione”, senza soluzione di continuità; ciò in quanto l’erede prosegue nel possesso e nell’attività del de cuius, realizzando al momento dell’alienazione il reddito che si è formato nel tempo.
Così, esprimendosi in merito alla contestazione in ordine all’elemento oggettivo del possesso ultraquinquennale sollevata dall’Ufficio, i giudici di legittimità sostengono che il requisito dei 5 anni per la tassazione separata, nel caso di successione mortis causa, si calcola dalla data di acquisto da parte dell’originario proprietario.
Ciò in quanto il trasferimento di azienda per eredità o per atto gratuito non integra atti di realizzo e l’azienda è assunta agli stessi valori fiscalmente riconosciuti nei confronti del dante causa. Tali criteri si applicano anche quando, “a seguito dello scioglimento, entro cinque anni dall’apertura della successione, della società esistente tra gli eredi, la predetta azienda resti acquisita da uno solo di essi”.
Pertanto, si legge nella sentenza n. 4444/2022, la continuità dei valori fiscali consente la cumulabilità dei periodi di possesso dell’erede e del suo dante causa, perchè non si sono verificati atti di realizzo della plusvalenza al momento della successione.
by Liberato Ferrara Area Imprese Network
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