Il Covid-19 ha ridotto la spesa degli italiani ma non ha trascinato drasticamente in basso, come tradizionalmente accade in tempi di crisi, l’Iva. E questo, come riportato nel Paper n. 669 pubblicato dalla Banca d’Italia, è dovuto al boom delle transazioni digitali e alla fatturazione elettronica, che porta inevitabilmente a una riduzione dell’evasione.
Analizzando parallelamente l’andamento della spesa, dei consumi e del gettito dell’Iva nel corso dell’attuale pandemia, il dato che balza agli occhi di esperti, economisti e ricercatori è il seguente: il calo del gettito Iva durante la recessione innestata dal Covid-19 è stato inaspettatamente inferiore al alla frenata registrata dai consumi delle famiglie. In sostanza, si tratta d’un insolito cambiamento nei rapporti macroeconomici, in quanto i periodi di crisi notoriamente riducono la spesa e, tale diminuzione, si riflette sulle entrate tributarie nell’immediato calo del gettito Iva, generalmente in misura maggiore rispetto ai consumi. Al contrario, analizzando i dati disponibili, gli autori del Paper hanno rilevato come, nella prima metà del 2021, nonostante il drastico calo della spesa delle famiglie, l’Iva era già tornata a livelli pre-crisi anche se i consumi aggregati non si erano ancora ripresi. Perché il verificarsi d’una simile inversione tendenziale rispetto agli assunti tradizionali?
Innanzitutto, secondo gli autori, la natura peculiare della crisi pandemica e della successiva chiusura di negozi e servizi al dettaglio hanno influito notevolmente sulle abitudini dei consumatori e delle famiglie. In pratica, le spese in servizi, caratterizzati da aliquote Iva più basse e da un minor grado di conformità, cioè di compliance fiscale, sono diminuite in modo massiccio, mentre la spesa per beni durevoli, con aliquote Iva più elevate, è diminuita sì ma per un periodo breve all’inizio della crisi, per poi risalire rapidamente ai livelli pre-crisi. Inoltre, a questo fattore di ricomposizione della spesa, va aggiunto l’incremento, senza precedenti, della quota dei pagamenti digitali, senza contanti, sia presso negozi fisici che online. L’effetto dei pagamenti elettronici sulla riduzione dell’evasione fiscale è piuttosto evidente, tanto che gli autori del Paper sono riusciti a misurarlo con questa equazione standard: “l’aumento di un punto percentuale della quota dei pagamenti senza contanti comporta un corrispondente aumento del gettito Iva di circa lo 0,4 per cento a causa della maggiore conformità”, cioè del grado più elevato del relativo adempimento spontaneo. Una meccanica su cui incide anche la fatturazione elettronica, oramai in fase di consolidamento a regime, fuori dall’ambito sperimentale o opzionale che ha caratterizzato i primi anni.
Ricapitolando, la maggiore resilienza dell’Iva, nonostante il crollo dei consumi, sarebbe dovuta alle modifiche dei comportamenti e delle abitudini di spesa innestate dalla pandemia. In particolare, la ricomposizione del paniere di spesa a favore di beni ad aliquota più elevata e un recupero di compliance. favorito dalla maggiore propensione all’utilizzo di pagamenti elettronici. In realtà, continuano i ricercatori, queste due varianti s’inseriscono in un quadro già esistente a livello normativo, quello della fatturazione elettronica che, di fatto, ha costituito una sorta di terreno normativo utile per favorire la tenuta dell’Iva e del relativo gettito e la contrazione dell’evasione, anche in tempo di crisi dettata dal Covid-19. Infatti, come riportato nel Paper, negli ultimi anni sono state introdotte diverse misure per contrastare l’evasione fiscale e aumentare la conformità Iva. In tale contesto, il nuovo sistema di fatturazione elettronica gestito dall’Agenzia delle entrate e l’obbligo del rilascio di una ricevuta elettronica rappresenterebbero un ulteriore fattore in grado di spiegare la riduzione del divario Iva dal 2020.
In primo luogo, la fatturazione elettronica è un sistema digitale di emissione, trasmissione e conservazione delle fatture che permette di abbandonare il supporto cartaceo e tutti i relativi costi di stampa, spedizione e conservazione. A scattare l’istantanea sul trend di crescita di tale strumento è stato di recente il ministero dell’Economia e delle Finanze. Infatti, secondo i dati più recenti presentati dal Dipartimento delle finanze del Mef (“Analisi statistiche sulle rilevazioni dei flussi mensili dei dati della fatturazione elettronica”) nel primo quadrimestre del 2021 l’imponibile Iva rilevato tramite la fatturazione elettronica è cresciuto complessivamente del 17,7% rispetto allo stesso periodo del 2020. L’incremento è stato più significativo per le persone fisiche (+22,5%) rispetto alle persone non fisiche (+17,4%). In particolare, la crescita è stata determinata dal risultato del mese di aprile, che ha fatto registrare, come prevedibile, un significativo incremento rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (+67,7%). Inoltre, nel periodo considerato, i maggiori aumenti percentuali di imponibile sono stati registrati in riferimento ai seguenti settori: dall’estrazione di minerali da cave e miniere (+35,6%) e costruzioni (+35,1%). Al contrario, i settori delle organizzazioni e organismi extraterritoriali (-90,3%) e le attività di famiglie e convivenze come datori di lavoro per personale domestico (-45,6%) hanno subito le perdite più pesanti. A livello territoriale, le crescite maggiori si sono registrate in Friuli Venezia Giulia (+28,1%) e Calabria (+27,9%) mentre il Lazio è l’unica regione che ha subito una diminuzione (-8,9%).
by Liberato Ferrara Area Imprese Network
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