La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 692 depositata il 12 gennaio, accoglie le doglianze di un contribuente che si era visto notificare tre diversi avvisi di accertamento sintetico riferiti al possesso di auto e residenze principali e secondarie, con i quali si contestava l’omesso pagamento di Irpef e addizionali relative agli anni di imposta dal 2006 al 2008.
I tre distinti ricorsi erano stati impugnati nei primi gradi di giudizio, ma i giudici di merito, vista anche la mancata adesione del contribuente alle proposte di mediazione avanzate dall’Ufficio, avevano confermato l’atto impositio.
Proprio contro la sentenza della Ctp di Lecco, il contribuente avanza ricorso in Cassazione, sulla base di due motivi.
Col secondo motivo, in particolare, ad avviso del contribuente, la Commissione regionale aveva omesso di considerare la prova offerta a dimostrazione della legittima disponibilità di reddito al di sotto dello scostamento e a giustificazione dell’alto tenore di vita accertato dal Fisco.
Il contribuente, infatti, aveva addotto che l’accumulo di ricchezza era stato conseguito negli anni precedenti ed era frutto della posizione reddituale dell’intero nucleo familiare, composto dalla moglie e da tre figli: uno dei quali titolare di redditi da lavoro dipendente e l’altro di indennità di accompagnamento a causa di una grave disabilità, tale da consentire l’accesso ad agevolazioni fiscali anche per l’acquisto di autovetture.
La Corte di Cassazione, con la recente pronuncia, ha ribaltato il verdetto, accogliendo il secondo motivo del ricorso presentato dalla difesa.
Accertamento nullo se il figlio contribuisce al reddito familiare
Nell’ordinanza n. 692/2022 si legge che i supremi giudici hanno ritenuto fondato il secondo motivo presentato dal contribuente, basandosi sull’orientamento consolidato secondo cui la nullità processuale della sentenza sia integrata nell’ipotesi di “assenza” della motivazione: ossia quando “non sia possibile individuare il percorso argomentativo della pronuncia giudiziale, funzionale alla sua comprensione e alla sua eventuale verifica in sede di impugnazione”.
Nel caso di specie, invece, la Commissione regionale, a fronte del contenuto della prova contraria concessa al contribuente in caso di accertamento sintetico, la quale deve vertere sulla dimostrazione che il maggior reddito determinato o determinabile è costituito “in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta”, attraverso la produzione di “idonea documentazione” attestante “l’entità” e “la durata” del possesso e il riferimento alla complessiva posizione reddituale dell’intero nucleo familiare, costituito dai coniugi conviventi e dai figli, soprattutto minori, atteso che la presunzione del loro concorso alla produzione del reddito trova fondamento, ai fini dell’ accertamento suddetto, nel vincolo che li lega, si è limitata a un generico richiamo alle verifiche operate dall’ufficio e vaghi accenni ai redditi della moglie e del solo figlio piccolo e alla percentuale di attribuzione della casa di abitazione, senza alcun accenno al possesso di redditi da risparmio e a quelli dell’intero nucleo familiare.
Il tutto senza compredere quale sia stato il percorso logico-argomentativo che ha condotto alla decisione.
Pertanto, secondo la Corte la sentenza deve essere cassata e la causa rivalutata dalla Ctr, che dovrà tener conto delle indicazioni fornite in sede di legittimità.
In conclusione, è da considerare nullo l’accertamento con redditometro nel caso in cui i figli guadagnino e contribuiscano alle spese della famiglia. La pretesa del Fisco, infatti, dovrà essere invalidata o ridotta a seconda di quanto il figlio che lavora ha contribuito all’acquisto e al mantenimento di auto e case.
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