Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 285, di ieri, 30 novembre, il decreto legislativo n. 192 del 5 novembre 2021 che recepisce la direttiva Ue n. 2018/1910 del Consiglio del 4 dicembre 2018, la cosiddetta “Quick fixes”, che adotta alcune “soluzioni rapide” per le operazioni intracomunitarie. È, così, definitivamente risolta la procedura d’infrazione n. 2020/0070, con la quale era stata contestato all’Italia il mancato recepimento della direttiva entro il 31 dicembre 2019.
Si ricorda che la direttiva Quick fixes, modificando alcune norme della direttiva Iva, prevede:
– la semplificazione e il trattamento uniforme del call-off stock, particolare fattispecie contrattuale che si realizza quando uno stock di beni è spedito in un magazzino situato in un altro Stato membro a favore di un acquirente determinato che ne diventerà proprietario solo al momento del loro prelievo dal magazzino;
– l’armonizzazione del trattamento Iva delle cessioni a catena, cioè dell’ipotesi di cessioni successive di beni oggetto di un unico trasporto intracomunitario dal primo cedente all’ultimo acquirente della catena;
– la qualificazione del numero di identificazione Iva del cessionario come requisito sostanziale delle cessioni intracomunitarie e, dunque, per il riconoscimento del relativo regime di non imponibilità.
Si ricorda, inoltre, che la direttiva faceva parte di un più ampio pacchetto che comprendeva due regolamenti immediatamente applicabili ed entrati in vigore in tutti gli Stati membri dal primo gennaio 2020:
– il regolamento di esecuzione (Ue) n. 2018/1912 del Consiglio, del 4 dicembre 2018, che, modificando il regolamento (Ue) n. 282/2011 del Consiglio, del 15 marzo 2011, individua, per la prima volta in ambito comunitario, la documentazione necessaria per dimostrare l’effettiva uscita dei beni dal territorio dello Stato;
– il regolamento (Ue) n. 2018/1909 del Consiglio, del 4 dicembre 2018, che modifica il regolamento (Ue) n. 904/2010 del Consiglio, del 7 ottobre 2010, per quanto riguarda lo scambio di informazioni per la corretta applicazione del regime di call-off stock, cioè della fattispecie in cui un venditore spedisce uno stock di beni in un magazzino situato in un altro Stato membro a favore di un acquirente già determinato, che ne diventa, però, proprietario solo al momento del prelievo.
L’obiettivo della direttiva è fronteggiare alcune criticità determinate dall’attuale principio che governa gli scambi intracomunitari, secondo cui l’imposta è applicata nel Paese in cui sono consumati i beni e i servizi (principio di tassazione nel Paese di destinazione). Tale principio, infatti, nato come transitorio, era funzionale a garantire, mediante il graduale avvicinamento delle legislazioni interne (specie delle aliquote Iva), l’applicazione, nel futuro, dell’imposta nello Stato membro di origine, salvaguardando al tempo stesso la concorrenza e, più in generale, la libera circolazione delle merci. Questo progetto, tuttavia, è rimasto irrealizzato e il cosiddetto regime transitorio si è rivelato negli anni vulnerabile ed esposto alle frodi: di qui, appunto, l’esigenza di modificare alcune norme della direttiva Iva, cosa che si è verificata con la direttiva Quick fixes.
Per recepire la direttiva Quick fixes, il decreto legislativo n. 192/2021 integra e modifica il decreto legge n. 331/1993. Nella fattispecie, l’articolo 1 del decreto di recepimento:
– prevede i nuovi articoli 38-ter e 41-bis, che disciplinano, rispettivamente, gli acquisti e le cessioni intracomunitarie effettuati in regime di call-off stock;
– prevede il nuovo articolo 41-ter, che regola le cosiddette cessioni a catena;
– modifica l’articolo 50 del decreto legge n. 331/1993, che disciplina gli obblighi connessi agli scambi intracomunitari, per istituire i registri in cui devono essere annotate le cessioni in regime di call-off stock e per stabilire che la comunicazione da parte del cessionario del numero identificativo Iva attribuitogli da uno Stato membro diverso da quello del cedente, nonché la compilazione degli elenchi riepilogativi delle cessioni intracomunitarie, sono requisiti sostanziali e non formali della cessione intracomunitaria non imponibile. Al riguardo, si evidenzia che la normativa previgente già prevedeva che il cedente verificasse la qualità di soggetto passivo Iva del cessionario attraverso il sistema Vies. Il recepimento della direttiva Quick fixes rende, tuttavia, esplicite le conseguenze collegate alla assenza di tale identificativo, in termini di non applicazione del regime di non imponibilità della cessione.
Esaminiamo, quindi, nel dettaglio, la nuova disciplina del call-off stock e delle cessioni a catena.
Il nuovo regime di call-off stock
Come accennato, con il call-off stock, previsto dai nuovi articoli 38-ter e 41-bis, del Dl n. 331/1993, che rispettivamente disciplinano le cessioni (nel caso di beni spediti dall’Italia) effettuate in regime di call-off stock e gli acquisti in regime di call-off stock (nel caso di beni destinati a un magazzino in Italia), si realizza una particolare cessione intracomunitaria di beni. In questo caso, infatti, i beni sono spediti da uno Stato membro in un magazzino situato in un altro Paese Ue a favore di un acquirente determinato, che ne diventerà proprietario solo al momento del loro prelievo dal magazzino.
Questo tipo di contratto era conosciuto in via di prassi come contratto di consignment stock (risoluzioni nn. 235/1996 e 44/2000), cosicché le nuove norme danno, in effetti, una veste normativa a una fattispecie contrattuale e, soprattutto, a un regime semplificato già noto.
In assenza, infatti, delle semplificazioni introdotte, tale tipologia di cessione di beni darebbe luogo a tre distinte operazioni: una cessione esente nello Stato membro di partenza, un acquisto intracomunitario imponibile nello Stato di arrivo da parte dello stesso cedente, che implica per il cedente l’obbligo di identificarsi ai fini Iva in tale Paese, e una successiva cessione interna nello Stato di arrivo dei beni nei confronti dell’acquirente. Per evitare che i fornitori siano tenuti a identificarsi ai fini Iva nello Stato di arrivo dei beni, il decreto di recepimento della direttiva Quick fixes prevede che le cessioni in regime di call-off stock realizzino soltanto una cessione non imponibile nello Stato membro di partenza e a un acquisto intracomunitario imponibile in quello di arrivo. Ciò, al momento in cui l’acquirente preleva i beni dal magazzino, ossia quando si realizza il trasferimento di proprietà.
Questa semplificazione, è, tuttavia, subordinata al rispetto delle seguenti condizioni:
– il fornitore non deve aver stabilito la sede della propria attività economica né disporre di una stabile organizzazione nello Stato membro dove i beni sono trasportati;
– il fornitore conosce l’identità e il numero di identificazione Iva dell’acquirente dei beni prima del loro trasporto;
– i beni sono trasportati da uno Stato membro a un altro (sono così escluse dalla semplificazione le importazioni, le esportazioni e le cessioni all’interno di un unico Stato membro).
Inoltre, con il recepimento della direttiva Quick fixes, sono introdotti nuovi obblighi documentali per il controllo e il monitoraggio dei beni. In particolare, i soggetti passivi coinvolti nell’operazione di call-off stock devono tenere appositi registri in cui riportare tutte le informazioni dettagliatamente indicate dall’articolo 54-bis del regolamento Ue di esecuzione n. 282/2011, e devono registrare separatamente gli scambi effettuati in regime di call-off stock nei relativi elenchi Intrastat (articolo 50, commi 5-bis e 6, del decreto legge n. 331/1993, come modificato dal decreto di recepimento).
Infine, sono specificatamente disciplinati, in chiave antielusiva, i casi in cui intervengono modifiche contrattuali: si tratta, ad esempio, dell’ipotesi di restituzione dei beni inviati, di sostituzione del destinatario dei beni con un altro soggetto, o del prelievo di quest’ultimi dopo 12 mesi dall’arrivo nel magazzino.
1. continua
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