La pandemia attenua i suoi effetti, lentamente (si spera almeno) si torna alla normalità. Tra gli effetti collaterali del Covid uno sicuramente molto intrigante è quello dell’esplosione del cosiddetto smart working, il lavora da casa.
Al momento sono quasi 700mila i lavoratori del pubblico impiego e tra i 700mila e gli 800mila quelli del privato che da marzo ad oggi sono rientrati in totale presenza.
In Italia lo smart working fino al marzo del 2020 era del tutto un’opzione sconosciuta. Di incanto si è passato dallo 0% al 100%. Adesso lentamente si torna alla normalità. Si arriva in ordine sparso, con numeri che sono decisamente diversi non solo tra impiego pubblico ed impiego privato, ma anche tra le varie attività.
E’ chiaro che lo smart working, da molti considerato inevitabile, dopo l’accelerazione dovuta al lockdown, sta rientrando. Resta ovvia la considerazione che qualcosa resterà. SI è scoperto un nuovo modo di lavorare. Che presenta oggettivi vantaggi. Basti pensare agli spostamenti tra casa ed uffici, un onere sia economico che soprattutto di tempo da parte del lavoratore. Per il datore di lavoro il vantaggio è rappresentato dall’abbattimento dei costi fissi, utenze, fitto, e via discorrendo. Il futuro è in questa ottica. Ma c’è molto da lavorare per arrivare ad ottimizzare il tutto.
Si torna a lavorare in presenza in questo momento perché è pensiero diffuso che il lavoro in presenza garantisce un profitto maggiore. In astratto non dovrebbe essere così. Il rientro in azienda di “quelli dello smart working” non costituisce alcuna garanzia di profitto. La tecnologia incalzante e una coscienza e responsabilità degli addetti potrebbe tranquillamente supplire alla “mancanza fisica” (costituirà la prerogativa del prossimo decennio) a patto di legare ai risultati e a controlli l’attività “in house”
by Liberato Ferrara Area Imprese Network
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