Nel caso in cui gli eredi abbiano accettato l’eredità con beneficio di inventario l’Agenzia delle entrate può legittimamente emettere un avviso di accertamento con cui rettifica la dichiarazione dei redditi del de cuius, accertando così se e quanto sia dovuto (an et quantum debeatur), fermo restando che la pretesa non può andare oltre valore dei beni pervenuti dall’eredità. E’ la sintesi della sentenza della Cassazione n. 22571/2021.
La controversia sottoposta al vaglio dei giudici di legittimità riguarda i limiti dei poteri di accertamento del giudice tributario nel caso in cui gli eredi del debitore deceduto, ai quali è stato notificato un avviso di accertamento, contestino di avere accettato con beneficio di inventario e oppongano l’incapienza del patrimonio del de cuius a soddisfare il credito erariale.
Nello specifico, l’Agenzia delle entrate aveva notificato agli eredi ricorrenti un avviso di accertamento con cui rettificava la dichiarazione dei redditi modello unico 2010 presentata dal de cuius, in quanto riteneva illegittimo l’azzeramento della plusvalenza realizzata dallo stesso de cuius a seguito della vendita di una farmacia ricevuta in donazione modale.
Gli eredi fanno ricorso, contro l’avviso di accertamento che viene accolto dalla Ctp.
L’Agenzia, a sua volta, ricorre contro la pronuncia di primo grado. Secondo la Ctr i motivi di appello principale dell’Agenzia sono fondati. Ritiene, infatti, che non c’è stata violazione del contraddittorio, non sussiste alcuna illegittimità costituzionale (articolo 12, comma 7, legge n. 212/2000) né è stato violato il diritto alla difesa. L’unico motivo eccepito dagli eredi accolto dai giudici di merito riguarda l’erronea determinazione del valore della plusvalenza.
Gli eredi ricorrono quindi in Cassazione ritenendo che i giudici di secondo grado avessero erroneamente ritenuto che l’incapienza dei beni ereditari doveva essere oggetto di contestazione in sede di successiva fase esecutiva. Gli stessi eredi inoltre, ritengono che la questione relativa all’an ed al quantum della pretesa non poteva essere fatta valere in sede di opposizione ma dinanzi al giudice tributario
Va ricordato, in via preliminare, che in base all’articolo 490 del codice civile l’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario non fa venire meno la responsabilità patrimoniale degli eredi per i debiti anche tributari, ma fa solo sorgere il diritto a non risponderne oltre il valore del lascito (ultra vires hereditatis).
Con il caso in esame i giudici sono chiamati a valutare se, in caso di un avviso di accertamento per debiti tributari del de cuius, notificato agli eredi che hanno accettato l’eredità con beneficio di inventario, questi possano far valere l’interesse alla separazione del proprio patrimonio personale con quello ereditario in sede di proposizione del ricorso contro l’avviso di accertamento.
Secondo la Suprema corte si deve distinguere il caso in cui la pretesa erariale è fatta valere con un avviso di accertamento da quello in cui, invece, è conseguente alla notifica della cartella di pagamento. Solo nel primo caso l’atto ha natura impositiva e individua sia il soggetto che l’importo richiesto agli eredi per effetto della successione.
Nel primo caso il giudizio tributario in cui si contesta la pretesa erariale non è la sede corretta in cui far valere l’accettazione con beneficio d’inventario con la conseguente limitazione di responsabilità degli eredi. Come ribadito anche dalla sentenza della Cassazione a sezioni unite n. 6070/2013, l’eventuale opposizione dell’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario da parte degli eredi, con la conseguente limitazione di responsabilità, non attiene al giudizio con cui si contesta la legittimità della pretesa fatta valere con l’avviso di accertamento.
Di diversa natura il giudizio di opposizione alla cartella di pagamento. Questa, infatti, rappresenta l’atto di riscossione con cui il fisco determina concretamente la pretesa esecutiva (Cassazione sezioni unite n. 7822/2020). L’erede ha la facoltà di denunciare oltre alle irregolarità formali anche il diritto del creditore di procedere esecutivamente solo in sede di impugnazione della eventuale successiva cartella di pagamento, facendo valere la questione della capienza o dei limiti dell’azione di riscossione che deve definire il giudice tributario.
Secondo la Cassazione i giudici di merito hanno correttamente ritenuto inesistente la violazione degli articoli 484 e 485 del codice civile. Secondo i giudici di merito, infatti, l’avviso di accertamento notificato agli eredi con la pretesa erariale sul patrimonio del defunto aveva in sintesi fatto emergere un debito del de cuius, trasmesso agli eredi. Di conseguenza l’accettazione con beneficio d’inventario da parte degli eredi non preclude all’Agenzia delle entrate la possibilità di accertare se e quanto sia dovuto (an et quantum debeatur) fermo restando che la pretesa non può andare oltre valore dei beni pervenuti dall’eredità..
La Cassazione quindi ha respinto il ricorso e condannato gli eredi ricorrenti al pagamento delle spese.
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