Un articolo pubblicato sul Sole 24 ore dell’11 ottobre ha fatto il punto sull’incidenza dei lavoratori stranieri sul Pil. L’articolo, a firma Valentina Melis anticipa il “rapporto annuale 2021 sull’economia degli stranieri” a cura della Fondazione Leone Moressa, rapporto che sarà presentato a Roma venerdì 15 ottobre, alla Camera dei deputati.
Eccone alcuni stralci.
Il lavoro dei cittadini stranieri vale 134 miliardi e incide per il 9% sul prodotto interno lordo. L’impatto della pandemia, a partire dall’anno scorso, si è fatto sentire anche sull’occupazione degli stranieri: rispetto al 2019, coloro che lavorano in Italia sono passati da oltre 2,5 milioni (il 10,7% degli occupati totali), a 2,34 milioni (il 10,2% degli occupati). Sono stati persi cioè quasi 160mila posti di lavoro, poco meno di 60mila di cittadini comunitari e 100mila di cittadini extracomunitari (si veda anche l’XI Rapporto annuale del ministero del Lavoro sugli stranieri occupati in Italia). Per la maggior parte, come è successo per i lavoratori italiani, le persone rimaste senza impiego sono confluite nella platea degli inattivi (che per gli stranieri, nel 2020, annovera 1,3 milioni di persone).
Così, rispetto al 2019, si è ridotto anche il valore della “ricchezza” prodotta dagli stranieri: nel 2019 valeva infatti 14 miliardi in più, ovvero 148 miliardi, con una incidenza sul Pil del 9,5 per cento.
Il calcolo del “Pil dell’immigrazione” è stato effettuato dalla Fondazione Leone Moressa a partire dal valore aggiunto prodotto dagli occupati in Italia e ipotizzando che a parità di settore e di Regione la produttività degli occupati stranieri sia uguale a quella degli italiani.
Il quadro che ne emerge rivela che quasi il 30% del valore aggiunto prodotto dagli stranieri si concentra in Lombardia, dove vive il 23% dei lavoratori senza cittadinanza italiana.
Continua intanto a rilento la procedura di emersione del lavoro irregolare degli stranieri nel settore domestico e in agricoltura avviata dal Dl Rilancio (Dl 34/2020, articolo 103): come ha riferito il sottosegretario all’Interno Ivan Scalfarotto (IV) in commissione Affari costituzionali alla Camera il 6 ottobre, su 207.870 domande presentate ormai nell’estate 2020, ne sono state definite positivamente presso gli sportelli unici dell’immigrazione 68.147 (il 32,7%), con la consegna agli interessati dei moduli per il rilascio del permesso di soggiorno.
Facciamo un paio di considerazioni. Il risultato circa l’incidenza del lavoro “straniero” in Italia non deve sorprendere. Ia maggioranza degli occupati in lavori umili (badanti, colf, inservienti etc.) Sono attività che sono in larga parte rifuggite dagli italiani.
Il problema è che manca manodopera specializzata. L’Italia non è di “appeal”per un lavoratore professionale per una serie di motivi logici (fisco). Ma al di là dii questo manca del tutto una strategia di formazione per i flussi di cittadini extracomunitari capaci di risollevare le sorti dell’industria italiana. Altrove, in Germania ad esempio, si va largo uso di giovani eccellenti soprattutto nel settore dell’informatica. Da noi c’è una sistematica polemica tra chi vuole tenere chiuse le frontiere, e chi invece le vorrebbe spalancare. Non entriamo nel merito della questione. Sta di fatto che andrebbe fatta una politica diversa. Bisognerebbe essere attrattivi verso personale specializzato, in grado di produrre ricchezza. Che è quello per altro che fanno altre nazioni, vedi gli Usa, coi giovani italiani più brillanti. Giovani che vengono preparati a costi altissimi per la comunità dalle nostre Università, e che poi vanno a produrre ricchezza altrove. Invece di chiudere i porti, sarebbe importante guardare ai flussi di stranieri sotto un’ottica diversa.
by Liberato Ferrara Area Imprese Network
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