Se un datore di lavoro paga al proprio dipendente che non ha il green pass un tampone per il covid per permettergli comunque l’accesso all’azienda e dunque di poter svolgere il proprio lavoro, questo come viene considerato?Facciamo il punto.
Obbligo green pass dal 15 ottobre: vaccino o tampone necessari
Dal 15 ottobre 2021, com’è noto, è obbligatorio il possesso del green pass per recarsi al posto di lavoro pubblico o privato. Qualora il dipendente non sia vaccinato, è necessario avere un tampone rapido che ha una validità di 48 ore dal momento dell’effettuazione, oppure un test salivare che ha validità di 72 ore dal momento dell’effettuazione. Il possesso del green pass è espressamente un obbligo di legge necessario per lo svolgimento del lavoro da parte del dipendente.
Obbligo green pass: tampone a carico dell’azienda?
Ma quali sono le conseguenze fiscali nel caso in cui l’azienda o lo studio, sostenga il costo del tampone rapido al posto del dipendente?
In generale, bisogna distinguere due ipotesi:
1. accordo o regolamento aziendale redatto appositamente: il costo sostenuto dall’impresa per il tampone del dipendente rientra nel welfare aziendale se rientrante tra i servizi offerti nell’accordo tra impresa e lavoratori
2. assenza di accordo/regolamento reddato appositamente:
il costo sostenuto dall’impresa per il tampone del dipendente, diventa alla stregua di un benefit aziendale e come tale va tassato, cioè in capo al dipendente. Infatti, il costo non viene sostenuto nell’interesse esclusivo dell’azienda in quanto il dipendente potrebbe vaccinarsi gratuitamente anzichè ricorrere al tampone/test salivare con i relativi costi.
il costo sostenuto dall’impresa non è soggetto a tassazione se erogati nel limite annuo di 516 euro (plafond di 258 euro raddoppiato per tutto il 2021 dal decreto Sostegni in cui rientrano ad esempi pc, tablet, omaggi natalizi ecc)
by Liberato Ferrara Area Imprese Network
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