Sul Sole 24 ore di sabato, a firma Riccardo Sorrentino, è stato pubblicato un interessantissimo articolo riguardante l’accordo del giorno prima raggiunto in sede Ocse a Parigi sulla tassazione delle multinazionali al 15%. Una tasso che dovrà, dovrebbe, essere uguale in tutto il mondo a partire dal 2023. Di seguito pubblichiamo un abbondante stralcio dell’articolo in questione
«Ora o mai più». Seguendo lo slogan lanciato qualche giorno fa da Bruno Le Maire, il ministro dell’Economia francese e uno dei grandi sponsor dell’intesa, è stato raggiunto ieri all’Ocse di Parigi – l’Organizzazione delle economie avanzate – l’accordo sulla tassazione alle multinazionali. L’intesa, secondo il ministro delle Finanze tedesco Olaf Scholz, è piena sui parametri più importanti. Tutti i Paesi dell’Ocse e del G-20 hanno aderito, e mancano all’appello dei 140 Stati partecipanti ai negoziati soltanto il Kenya, la Nigeria, il Pakistane lo Sri Lanka.
È stato dunque in buona sostanza centrato l’obiettivo di trovare un’intesa completa in tempo per il summit del gruppo dei Venti in programma a Roma il 30 e 31 ottobre. La firma dell’accordo è prevista nel 2022, con l’entrata in vigore delle norme internazionali nel 2023 (anche se la Svizzera ha già chiesto più tempo per i piccoli Paesi).
L’adesione dell’Irlanda, dell’Estonia e dell’Ungheria in seguito alle insistenze dei partner europei – e soprattutto della Francia – ha reso la strada più agevole per la conclusione dei negoziati.
Dublino ha infatti compreso di non poter andare avanti da sola, e ha ceduto pur calcolando di perdere fino a due miliardi di euro in entrate fiscali per l’adeguamento all’intesa. «Questo accordo è un equilibrio tra la nostra competitività fiscale e il nostro più ampio posto nel mondo», ha detto il ministro irlandese delle Finanze irlandese Paschal Donohoe. La decisione farà sì che «l’Irlanda sia parte della soluzione rispetto alla futura cornice della tassazione internazionale».
Il livello fissato dall’accordo, il 15%, è 2,5 punti percentuali più alto dell’aliquota irlandese (pari al 12,5%), che è stata un elemento fondamentale del modello economico e del rapido sviluppo del Paese. Pur cedendo di fronte alle pressioni internazionali, Dublino ha ottenuto che venisse tolta dal testo dell’intesa l’indicazione di un’aliquota di «almeno» il 15%: una formulazione che lasciava aperta la porta a un livello più elevato, per esempio in sede di trattative tra i partner dell’Unione Europea. Il dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha però tenuto a precisare che quella soglia è, almeno per i singoli Stati, un pavimento e non un tetto.
… L’intesa è di portata più ampia rispetto alla fissazione di un’aliquota minima per le imposte sulle multinazionali, che sarà applicata alle imprese con un fatturato di almeno 750 milioni di euro, e con l’esclusione di fondi di investimento fondi pensione e compagnie di shipping.
L’altro pilastro – a rigore il primo – dell’accordo – affronta il problema della tassazione delle imprese che possono vendere prodotti su un mercato indipendentemente dalla loro presenza fisica, e quindi possono scegliere la sede più favorevole sul piano fiscale (è il caso, in Europa, dell’Irlanda). L’intesa prevede che gli utili siano tassati in base al luogo dove vengono realizzati, indipendentemente – appunto – dalla presenza fisica”.
Ci sia consentita qualche considerazione a margine della questione. La prima cosa che viene in mente è che l’armonizzazione al 15% consentirebbe una minore evasione fiscale. Resta però un altro lato della medaglia. Anche a volerci limitare alla sola Europa, ci sono profonde differenze economico-strutturali da un paese all’altro. A volte una più benevola politica fiscale può servire a nazioni in ritardo di incentivare l’ingresso di capitali, con conseguente aumento di lavoro, e di benessere della popolazione. Per restare alla sola Italia si parla spesso della necessità di fare una diversa politica fiscale tra Nord e Sud, proprio per aiutare la parte più in difficoltà. La situazione attuale con le multinazionali che sostanzialmente incassano nei Paesi più ricchi e pagano poche tasse in quelli in via di sviluppo, è insostenibile. Ma di pari passo a questa riforma, che resta al momento solo allo stato di idea, si dovrebbe prevedere un sistema di incentivi per realtà più depresse anche per scongiurare la fuga dei capitali.
by Liberato Ferrara Area Imprese Network
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